Fuoco e cioccolato

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    Culetto rosa

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    La pentola gorgheggia sul fornello mentre il suo cuore incandescente cuoce a fuoco lento. Il sugo color rubino ama cantare, proprio come chi lo ha preparato. Cinguetto le note di una scala mentre volteggio verso il bancone con un vassoio tra le mani. La cucina è il mio regno e mio muovo sicura tra forno e fornelli, intenta a preparare i miei manicaretti. Stasera ci sono i tuoi amici a cena e ci tengo a fare bella figura. Tu stai facendo la doccia. Da lontano mi giunge lo scrosciare dell’acqua che accompagna le note di una canzone in sottofondo. Adoro cucinare con la musica, e non potrei essere più felice mentre trito il cioccolato sul tagliere.
    È quasi tutto pronto, manca solo il dolce. Sto per fondere il burro quando sento i tuoi passi alle mie spalle. Mi stringi da dietro ed io chiudo gli occhi e sorrido mentre aspiro il tuo profumo e lo assaporo, quasi fosse ambrosia dorata. Mi sento sciogliere dentro e mi prende una sensazione liquida di tenerezza. Vorrei solo crogiolarmi nel tuo abbraccio ma la tua voce irrompe come un tuono nel momentaneo silenzio che è calato nella stanza.
    “Girati e alza le braccia”, mi dici, e sento nel tuo timbro basso il tono speciale che conosco solo io, quello che fa scattare un misterioso interruttore dentro me.
    Parte una nuova canzone ed io sbuffo. Vorrei farti presente che sono impegnata, ma tanto sappiamo entrambi che non posso fare a meno di ubbidire. Sospiro e faccio come mi hai ordinato. Lentamente mi sfili i vestiti e un brivido che non ha nulla a che fare con la temperatura mi scivola come una biglia di vetro lungo la schiena. Guardo il tuo volto e sorrido ancora. Come sei bello amore mentre ti chini verso di me per farmi indossare un semplice grembiulino bianco.
    “Questo è l’abbigliamento adatto”.
    “Ma ho freddo”, protesto, strofinandomi le braccia.
    “Ti riscalderò io a tempo debito. Ora piega i tuoi vestiti e mettili sulla sedia”.
    Eccolo di nuovo, il brivido speciale. Un fiore liquido mi sboccia tra le gambe mentre faccio come mi hai detto.
    “Continua pure tesoro”, mi dici, sprofondando tra i cuscini del divano.
    Immersa nel mio silenzio carico di estasi finisco di preparare la torta e assemblo lasagne e parmigiane. Nel frattempo, tu leggi il giornale, ma so che il mio corpo seminudo è una calamita per te. I tuoi occhi sono come mani infuocate che mi accarezzano la schiena. Mi sento bollente nonostante la pelle d’oca. Ho perso la mia baldanza, ma per fortuna devo preparare soltanto la glassa al vino rosso e cannella.
    Mi chino verso il forno per tirar fuori la torta e la metto a raffreddare su una gratella. Una goccia di nettare di donna mi scivola lungo una coscia. Chissà se te ne sei accorto, mi chiedo mentre fondo il cioccolato con il barbera e le spezie. Sei di nuovo dietro di me. Il tuo membro preme contro il mio fondoschiena, ma non è ancora il tempo dell’amore.
    Mi sfili il cucchiaio di legno dalle mani e mi fai chinare sul bancone. Gocce di glassa picchiettano dolcemente sulla mia pelle fremente. Bruciano, ma trattengo le urla e rimango in silenzio mentre la tua lingua le raccoglie con dolcezza, tracciando sentieri infuocati sulla mia schiena e nel solco tra le mie lune gemelle. Sei così dolce, così delicato. Come puoi trasformarti in un attimo nel mio severo signore? E mentre questo pensiero mi attraversa la mente il primo colpo si abbatte sul mio sedere. Sobbalzo, più per la sorpresa che per il dolore, mentre lo schiocco si diffonde nell’aria come un piccolo tuono. Tu mi spingi la schiena verso il basso per farmi mantenere la posizione.
    “Credevi davvero di passarla liscia?” Mi chiedi.
    “No, ma non credevo me le avresti date proprio oggi che abbiamo ospiti”, rispondo, e la mia voce traballa come gelatina alla fragola.
    “Ieri sei andata alle prove del coro senza portafogli, e quando ti ho chiamata per dirtelo avevi pure il cellulare scarico.” Continui a sgridarmi, ed io mi sento come se avessi dentro un animale ringhiante.
    “Scusa”, sussurro, ma non ti convinco, e il secondo colpo si abbatte su di me.
    “Le scuse non sono abbastanza. Hai appena cominciato a guidare, mi sono spaventato a morte”.
    Vorrei dirti che mi dispiace, ma non trovo le parole giuste.
    “Cosa succede adesso, tesoro?”
    Mi sento tutta un fuoco, persino il mio cervello sembra avvolto da fiamme di oblio. Ci metto un secondo di troppo a rispondere e una pioggia di colpi si abbatte sull’attaccatura delle mie cosce, strappandomi un piccolo urlo.
    “Succede che mi punisci”, biascico, “perché sono stata distratta e irresponsabile”.
    Finalmente un po’ di tregua.
    “Come ti punisco, piccola mia?”
    L’imbarazzo è acqua gelida che spegne l’incendio. Ti odio, ti odio.
    “Con una sculacciata”, riesco a mormorare.
    “Si bimba, una severa sculacciata sul tuo culetto delizioso”.
    Ti amo.
    “Mi dispiace”, dico, e sento le lacrime pizzicarmi il bordo degli occhi.
    “Lo so, ma non per questo sarò meno severo con te”.
    Non ti dico che lo so già, ma spingo ancora più indietro il sedere per farti capire che sono pronta. Tu sembri apprezzare il gesto e inizi a colpirmi, prima lentamente, poi sempre più veloce. Il bruciore è una lingua di drago che mi arde la pelle. Mi agito, e la tua mano sulla mia schiena inarcata si fa sempre più pesante, ma non sei tu a tenermi ferma, è una forza antica e primordiale che mi ruggisce dentro, e che mi fa sentire donna, la tua donna, anche se mi chiami bambina.
    All’improvviso ti fermi. La mia testa prega che sia finita, ma il copro sboccia come un girasole e si apre a te, voglioso del tuo tocco di fuoco e miele. Ti sfili la cintura e mi chiedi di contare. È difficile ma ubbidisco, pronunciando i numeri come voce di velluto. Poi finalmente la lasci cadere a terra e mi abbracci. Mi sfiori il volto, raccogliendo una lacrima.
    “È finita piccola, sei perdonata”, mi sussurri tra i capelli, “o quasi, stasera prima di dormire ti metto nel corner e poi mi prendo questo bel fiorellino”, mi dici, sfiorandomi in mezzo alle cosce, “ma ora sento una macchina nel cortile. Ricomponiti e finisci di glassare la torta.”
    Mi rivesto in fretta e cerco di acconciarmi i riccioli tutti aggrovigliati, poi apro il portone e accolgo i primi ospiti. La stoffa soffice della gonna struscia contro la pelle bruciante, provocandomi un dolce dolore. Mentre servo la prima portata mi accorgo di non avere le mutandine. La mia faccia diventa rossa come il mio sedere, ma poi vedo un lembo di tessuto candido occhieggiare per un attimo dalla tua tasca. Tu intercetti il mio sguardo e mi fai l’occhiolino. Maledetto. Ti odio, ti odio.
    Ti amo.
     
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    Culetto viola

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    Bellissime emozioni ...accendi il mio desiderio😘💐
     
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    Maestro delle Sculacciate

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    complimenti .. pathos ed eros in un 'dolce' intreccio ..i colori e i sapori di sottofondo rendono l'insieme davvero bello.
     
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    Maestro delle Sculacciate

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    Ben fatto Soara,fin dal primo racconto che posti ci mostri uno stile di scrittura identitario che si riconosce e si riconoscerà in mezzo agli altri 🙂

    Btw, complimenti anche per la scelta dell'avatar, quelle fanart Disney mi sono sempre piaciute 🤭

    Edited by SpankeonMaster - 26/4/2024, 10:56
     
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    Culetto rosa

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    Grazie, siete tutti e tutte gentili <3 SpankeonMaster anche io le adoro :)
     
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    Maestro delle Sculacciate

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    Mmmm molto dolce 🥰
     
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    Spanker dolcemente sadica

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    Complimenti Soara, davvero un racconto molto ben scritto e delizioso.
     
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    Maestro delle Sculacciate

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    Brava, brava, brava veramente un bel racconto senza forzature e scritto molto bene!!!
     
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    Maestro delle Sculacciate

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    Lineare. Pathos. Dialoghi ottimi.
    Brava!!!
     
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    Culetto rosa

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    Grazie davvero dal cuore. Sono felice vi sia piaciuto <3
     
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